Scritto da Roberta Zambelli.

Oltre al peso della doppia presenza fisica delle donne che si giostrano tra casa e lavoro, esiste il fenomeno del cosiddetto carico mentale. Avete presente? Si tratta di quel flusso ininterrotto di pensieri e scadenze che lega moltissime donne alle faccende domestiche, anche fuori casa.

Carico mentale: che cos’è?

È ormai famosissimo il fumetto “Bastava chiedere”, dell’illustratrice francese Emma. Racconta la storia di una donna che si occupa di tutto, che è travolta dalla miriade di cose da fare in casa (e non solo) e di un uomo (il compagno) che di fronte alla catastrofe di una pentola il cui contenuto è ormai inesorabilmente straripato dice: “Se ti serviva aiuto, bastava chiedere”. 

Questa breve storia triste descrive perfettamente il fenomeno del carico mentale, descritto dalla sociologa francese Monique Haicault come “il fatto di dover pensare simultaneamente a cose appartenenti a due mondi separati fisicamente”. 

Ti è mai capitato di rientrare per ultima a casa (e magari anche con la spesa) e di accorgerti che nessuno ha pensato di stendere la lavatrice che ha finito da ore? 

Ancora: hai presente quando durante la riunione di lavoro ripassi a memoria le date di scadenza di ogni singolo alimento nel frigo per mettere insieme una cena nutriente e gustosa per la tua famiglia, senza sprecare nulla? 

Ecco. Quello è carico mentale. 

Cosa comporta questo fenomeno? Che anche sul lavoro le donne in coppia con un uomo, specie se con figli, hanno la mente occupata, non riescono mai ad isolare completamente la sfera domestica da quella lavorativa e quindi dedicano meno energie a ciò che stanno facendo (e sono eternamente stanche). 

Poter lavorare pensando solo ed esclusivamente al lavoro è spesso un privilegio solo maschile. 

E se lui già “mi aiuta”?

Il fatto non è nemmeno che gli uomini si rifiutino categoricamente di occuparsi di faccende domestiche (per quanto le disuguaglianze in quest’ambito siano ancora immense). È che non ci pensano, non la ritengono una loro responsabilità. Loro ci mettono volentieri il braccio, ma noi restiamo la mente (sic). 

Qualche esempio? Lui propone sì di preparare la cena, ma che cosa cucinare lo dobbiamo dire (e quindi pensare) noi. Passa lui a fare la spesa, basta che gli diamo la lista. Può anche far partire la lavatrice, basta chiederglielo (evidentemente il cesto dei panni sporchi che straborda non è un messaggio sufficientemente chiaro).

Basta chiedere e lui prontamente ci aiuterà. Intendiamoci: le intenzioni sono ottime, c’è un reale desiderio di sollevarci da una parte del lavoro. Il fatto è che lui non ci sta aiutando: se abitiamo nella stessa casa, assicurarsi che sia un luogo pulito e sicuro o che i nostri figli abbiano tutto ciò di cui necessitano è sua responsabilità quanto nostra.

Le cose si cambiano anche con i piccoli gesti, per esempio smettendo di dire “mio marito/il mio compagno mi aiuta”. E come dice la blogger e giornalista francese Titiou Lecoq: “Lasciar ammuffire i panni sporchi, è anche questo un atto politico”.


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