Scritto da Chiara De Petris.

Sempre più realtà imprenditoriali nel mondo si stanno attivando per sensibilizzare rispetto alle attuali differenze di genere e proporre azioni concrete per la loro risoluzione.

La diffusione di questa necessità non deriva solo dalla volontà di lottare contro una rappresentazione stereotipata che per decenni è stata veicolata dai media, ma anche dalla consapevolezza di disparità fra donne e uomini relative ad: 

  • aspetti retributivi;
  • opportunità di carriera;
  • attribuzione di ruoli.

Grazie alle iniziative dei brand a supporto di questo tema e i numerosi movimenti di attiviste che si stanno impegnando affinché se ne parli, ad oggi il gender gap è sempre più sotto la luce dei riflettori. 

Il lavoro da fare è ancora tanto, anche in Italia.

Lo dimostrano i dati Istat, dai quali emerge come, durante il lockdown, il genere femminile sia stato quello più penalizzato all’interno del mondo del lavoro. 

Rispetto agli uomini, infatti, un numero più alto di donne ha perso il posto di lavoro, ha smesso di cercare lavoro o è entrato nella categoria degli “inattivi”. 

Per questo, l’impegno di quello che sta diventando un gruppo sempre più ampio di aziende “ad alto impatto sociale”, che stanno scegliendo di rivedere le loro politiche per rendere il loro ambiente più inclusivo e comunicare all’esterno questa loro attenzione, è, ad oggi, fondamentale.

Le campagne contro il gender gap 

Negli ultimi anni, sono diverse le campagne pubblicitarie progettate dai brand per dimostrare la loro consapevolezza del problema gender gap, aiutare ad eliminare gli stereotipi di genere e denunciare le discriminazioni subite dalle donne.

Ecco, di seguito, alcune fra le più interessanti.

  • Adidas, per abbattere le barriere

Adidas ha attivato una serie di iniziative pensate per ispirare e incoraggiare la prossima generazione di atlete, creator e leader, costrette ogni giorno a trovare la forza per abbattere le barriere della nostr società. 

She Breaks Barriers è il nome del progetto, che ha l’obiettivo di dare maggiore visibilità ad un gruppo di atlete e per promuovere, oltre alla parità di genere, anche una copertura mediatica equa.

  • Nike celebra il coraggio di essere donna

Con la voce narrante di Serena Williams, Nike nella sua campagna Dream Crazier ha raccontato episodi di ordinaria pazzia coraggiosa di cui si rendono protagoniste le donne.

La decisione di usare la parola “pazza”, crazy, non è casuale.

Questa scelta deriva, infatti, dalla consapevolezza che questo aggettivo viene spesso attribuito negativamente alle donne, ma è un termine che, in realtà, è ricco di sfumature.

  • Always, #LikeAGirl

Always, azienda della Procter & Gamble, ha lanciato il video #LikeAGirl.

Questo progetto nasce dai risultati di una ricerca che ha fatto emergere come oltre la metà delle ragazze vivrebbe un netto calo di autostima e sicurezza di sé durante la pubertà, in parte derivante da quelli che il contesto gli fa percepire come stereotipi di genere insormontabili.

  • Avon, con Stand4her per aiutare 100 milioni di donne all’anno

Stand4Her è il piano globale decennale ideato da Avon con l’obiettivo di migliorare la vita di 100 milioni di donne ogni anno fra il 2020 e 2030, aiutandole ad affrontare e superare gli ostacoli che ancora oggi impediscono alle donne di esprimere appieno il loro potenziale.

Il programma si fonda su 3 pilastri

  • Libertà di Guadagno;
  • Il potere della bellezza;
  • Una vita sana e sicura.
  • Gucci, con Chime for Change va a sostegno dell’uguaglianza di genere.

Chime for Change è la piattaforma mediante la quale Gucci è riuscita a sostenere oltre 425 progetti non-profit e aiutare, così, oltre 570.000 donne e ragazze in tutto il mondo.

Con sempre diversi partner globali, Chime for Change si rinnova continuamente e ha l’opportunità di raccontare tante sfumature del problema del gender gap.

Fra le sue iniziative, The Future is Fluid”, un cortometraggio di Jade Jackman e Irregular Labs, che esplora il significato di ”genere” per la Gen Z. 

  • Mattel, il progetto Barbie

In maniera assolutamente native, dal 1960 Mattel, con Barbie, cerca di veicolare l’importante ideale che la donna, al pari dell’uomo, può fare carriera in ogni tipo di professione e ambire anche a quelle posizioni lavorative che vengono comunemente associate agli uomini.

A sostegno di questo grandioso progetto, nel 1985 Mattel, per la prima campagna pubblicitaria delle famose bambole, ha ideato una canzone di sottofondo allo spot che recitava: “We girls, can do anything, right Barbie?”.

Il concetto per il quale, attraverso l’esperienza del gioco, le bambine potessero interpretare il ruolo che più desiderano è stato esplicitato ancora di più nel 2015, con la comunicazione “Imagine the possibilities”. 

Parlare di inclusione come necessità in azienda

Le aziende virtuose che hanno compreso prima delle altre la necessità di dimostrare il loro supporto e la loro sensibilità verso determinate tematiche, quali il gender gap, sono state particolarmente lungimiranti anche per il successo del loro business.

Lo dice lo studio relativo ai benefici delle politiche rivolte verso l’inclusione di genere in azienda di Heidrick & Struggel, la società internazionale di executive search con sede a Chicago, denominato “Meeting the inclusion imperative”.

Quest’ultimo ha, in particolare, messo in luce che le aziende che investono in diversity: 

  • aumentano del 17% le performance aziendali;
  • accrescono del 20% la qualità dei processi decisionali: 
  • incrementano del 29% il lavoro di squadra;
  • hanno più probabilità di emergere, essere innovative e agili;
  • ottengono risultati di business migliori;
  • crescono del 62% più velocemente delle realtà che non dimostrano attenzione verso questa tematica.

Lavorare in una cultura delle pari opportunità, perciò, non rappresenta solo un vantaggio per il contesto di cui si fa parte, dove si assumerà il ruolo portatori di una buona pratica, o per i propri dipendenti, ma è, ormai, funzionale anche per la salute del business stesso.

 


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