Benvenuti e benvenute nella rubrica #MeetTheSpeaker, l’occasione giusta per conoscere meglio le professioniste parteciperanno a WomenX Impact il 18-19-20 Novembre 2021 al FICO Eataly Bologna e online.

Donne e motori, gioie e dolori: la protagonista dell’intervista di oggi non potrebbe essere meno d’accordo!

Founder di Miss Biker, la più grande community italiana per motocicliste, Lisa Cavalli ha accettato con piacere di partecipare alla rubrica #MeetTheSpeaker. Ecco le sue risposte!

Partiamo dall’inizio: cosa volevi fare da grande, quando eri piccola? E quando sei uscita dall’università?

Da piccola sognavo di cantare in una band: la mia fonte d’ispirazione era Madonna, sognavo di salire sul palcoscenico e avere la sua grinta.

Per fortuna quel sogno è diventato realtà e per un periodo ho davvero cantato in una band rock, anche se non è mai diventato un vero e proprio lavoro.

Dopo l’università invece, ero molto confusa. Avevo frequentato Mediazione Linguistica a Padova, e dopo tre anni mi sono chiesta: e adesso? La soluzione che mi sembrava più giusta all’epoca era quella di iniziare a lavorare per l’azienda della mia famiglia, e così ho fatto.

Come nasce la tua passione per la moto? E come è diventata un lavoro?

Le mie due grandi passioni sono sempre state il rock e il motociclismo. Vedevo le moto e pensavo: chissà che sensazione di libertà incredibile dev’essere guidarne una! Ma per molto tempo ho messo da parte questa mia passione: non mi sentivo pronta e il senso di pericolo vinceva su tutto il resto. Per questa mancanza di autostima, ho rimandato fino ai 37 anni.

All’età di 37 anni infatti, mi sono fermata e ho iniziato a pensare a cosa volessi davvero dalla vita e ho capito che non sapevo la risposta. Chiedersi che scopo ha la vita è importante, è una domande che tutte e tutti dovremmo farci, meglio prima che poi. Non volevo mettere su famiglia, e per questo mi sentivo diversa dal resto del mondo. Sono caduta in depressione. Molte persone mi dicono che non dovrei dirlo, ma io lo voglio dire perché per me non è uno stigma: è la verità.

In quel periodo ho capito che accontentarmi di ciò che avevo non mi bastava più. Avevo un lavoro, una casa, gli amici e volevo di più, ma non sapevo bene cosa. Un giorno sono andata in una concessionaria e ho comprato la mia prima moto. Così, su due piedi. Non avevo neanche la patente!  Sono caduta un paio di volte all’inizio ma per me la moto è stato il segno della mia rinascita.

Mi sento di dire che andare in moto è un po’ come vivere: sei tu a guidarla e ci vuole equilibrio per mantenere la strada. Bisogna essere pronti agli imprevisti e avere coraggio. Bisogna rialzarsi quando si cade, scegliere quando è meglio frenare e quando invece accelerare. Con la moto, ho finalmente capito quali fossero i miei limiti e come fare per superarli. Grazie a lei ho tirato fuori una forza che non sapevo di avere, o forse che ho semplicemente deciso di non mostrare per tanti, troppi anni.

Da lì, ho iniziato a cercare informazioni online e mi sono accorta che non esisteva una community italiana di sole motocicliste. Ho deciso quindi di fondare Miss Biker da sola, perché avevo bisogno del confronto con altre donne nella mia stessa situazione. La community è cresciuta in fretta, con mia grande sorpresa, e lì ho capito di aver intercettato un bisogno condiviso da molte altre donne.

Parlaci del tuo progetto, Miss Biker: quando è nato e perché? Fai tutto da sola o qualcuno collabora con te? Cosa vedi per il suo futuro?

Nel 2015 è nata la community di Miss Biker, un gruppo Facebook che all’inizio contava sette iscritte. A oggi, siamo più di 10mila. Un anno dopo ho aperto il blog, dato che nei siti di settore lo spazio dedicato al motociclismo femminile era davvero troppo poco. Le donne sono circa il 10% della popolazione motociclistica e spesso vengono considerate alla stregua di un “bagaglio” da portarsi dietro durante i viaggi in moto. In gergo, quel passeggero è la “zavorrina” e questa parola ben riassume l’idea. Per me, invece, le motocicliste hanno un ruolo centrale, non sono un peso ma possono decidere dove stare.

Il blog è una realtà sui generis: al suo interno si trovano non solo notizie dal panorama motociclistico femminile, ma anche consigli su viaggi e itinerari da provare, tutorial, guide e istruzioni per la manutenzione del veicolo. Le interviste alle “role models”, che sono sempre delle donne forti e indipendenti, sono importanti perché possono essere d’ispirazione per molte. D’altro canto però, non vogliamo sottovalutare l’aspetto pratico del motociclismo e per questo cerchiamo di creare contenuti che siano utili nella vita quotidiana. Nel complesso, quello che vorrei trasmettere è che noi donne non possiamo (e vogliamo!) essere solo delle passeggere, e dobbiamo essere rispettate per questo.

Dal 2018, Miss Biker è anche un’azienda che si occupa di marketing e comunicazione. Con me collaborano altre cinque donne fantastiche (Elena, Ilaria, Mel, Miriam e Giorgia), determinate e intraprendenti. Come team, ci occupiamo di testare i prodotti e recensirli, di moderare il gruppo, di tenere vivo il blog, di gestire gli eventi e di molto altro ancora. Siamo cinque persone molto diverse tra loro, ma mi sento di dire che quando le donne lottano insieme per raggiungere lo stesso obiettivo, diventano invincibili.

Come sono nate le comunità Miss Biker all’estero? Sei affiliata ad altre community già esistenti?

Nel 2019, Miss Biker ha ricevuto il premio più importante a livello mondiale per le realtà che si occupano di motociclismo femminile, il FIM Women in Motorcycling Award. Quando mi hanno chiamata per dirmelo, pensavo avessero sbagliato numero. È stato il momento più emozionante della mia vita!

Quando sono andata a Montecarlo per ritirare il premio, ho avuto occasione di incontrate dei dirigenti della Federazione Olandese, che si sono dimostrati da subito molto interessati al nostro progetto. Una volta tornata in Italia, sono iniziate le chiamate e i meeting. Da quest’anno, in Olanda esiste una realtà parallela di Miss Biker che porta avanti le nostre idee e i nostri valori.

È stato un passo davvero importante: la replicabilità è fondamentale, ti fa davvero capire il valore di un progetto. Mi sento di dire che non esiste nessun altra realtà al mondo come Miss Biker, ognuna ha le sue caratteristiche ma siamo tutte diverse in molti fattori.

In futuro, vorremmo creare sempre più collaborazioni di questo tipo. Al momento ci sono un piccolo numero di Miss Biker Ambassador in Giappone, ma vogliamo andare oltre. Vorremmo espanderci all’estero, in tutto il mondo e diffondere il nostro messaggio: le motocicliste esistono, sono unite e amano condividere la loro passione ma soprattutto meritano il vostro rispetto.

Cosa diresti alla te di dieci anni fa? E alla te del 2031?

Alla me di dieci anni fa direi: credi in te stessa, puoi arrivare dove vuoi.

Alla me del 2031, invece direi: continua a migliorarti e a seguire i tuoi valori, non mollare!

Raccontaci perché hai accettato di partecipare a WomenXImpact e perché, secondo te, altre persone dovrebbero farlo.

WomenXImpact è innanzitutto un evento al femminile, dove si parla delle vite e delle esperienze delle donne. Visti i dati sull’occupazione dell’ultimo periodo, mi sembra che questo sia un argomento fondamentale, così come lo è riunirci insieme, tra persone che hanno un obiettivo comune. Credo che l’evento sarà di grande valore non solo per chi salirà sul palco, ma soprattutto per chi farà parte del pubblico. Ci saranno tante personalità diverse che provengono da contesti lavorativi e culturali molto lontani tra loro, ma tutte con lo stesso obiettivo: essere dalla parte delle donne.

Inoltre, spero che l’evento del 2021 sia il primo di una lunga serie di incontri che facciano davvero la differenza, in Italia e nel mondo. Credo che sia il momento giusto per fare un passo avanti e quel passo è dare la possibilità ad altre donne di arrivare dove vogliono arrivare, infondere loro fiducia nelle proprie capacità. Credo nella mia attività e lavoro ogni giorno contro mentalità ostili, ma non sono l’unica: l’unione fa davvero la forza, secondo me.

Tutte le interviste sono opera di Roberta Cavaglià, contributor per Wired, Linkiesta e Rivista Studio e fondatrice del progetto di divulgazione Flair.

 


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